Quando Ruggero Tita scambiò il foil per una tavola da surf: l'esilarante qui pro quo al debutto in SailGP

 
"Ragazzi, ho portato la tavola da surf! Con questo vento, dopo l'allenamento ci facciamo due onde?"

Il team italiano del SailGP al completo si voltò verso Ruggero Tita, fresco campione olimpico e nuovo timoniere della squadra, che reggeva trionfante sotto il braccio quello che, a tutti gli effetti, sembrava essere un foil di ricambio per l'F50.

Jimmy Spithill, team director con due America's Cup in bacheca e una poker face degna di Las Vegas, si tolse lentamente gli occhiali da sole. "Ehm, Ruggero... quello è il nostro foil di backup."

"Ma no dai, è la mia nuova tavola da surf! Guardate che rail affilato, perfetto per tagliare le onde di Sydney!" insistette Ruggero, accarezzando amorevolmente il profilo in carbonio.

"Amico," intervenne il flight controller trattenendo a stento una risata, "quella è tecnologia italiana pura. Costa più di una Ferrari."

Il volto di Ruggero passò dal bronzeo mediterraneo al bianco carta in una frazione di secondo. "Ma... ma... me l'ha dato il ragazzo del magazzino questa mattina. Mi ha detto 'Tieni, questo è per dopo'..."

"Quale ragazzo del magazzino?" chiese il trimmer di prua, mentre sistemava alcune cime.

"Quello nuovo, alto, con i capelli rossi..."


 "Ruggero, nel magazzino ci lavora solo gente con i capelli grigi da almeno vent'anni," disse il grinder, ora apertamente divertito.

Fu in quel momento che un giovane surfista sulla trentina attraversò di corsa l'area team. "Scusate! Scusate! Qualcuno ha visto una tavola da surf custom in carbonio? L'ho appoggiata proprio qui stamattina e..."

Il ragazzo si bloccò, fissando il foil nelle mani di Ruggero.

Il silenzio calò sul team base. Un gabbiano passò gracchiando, come a voler sottolineare il momento di imbarazzo cosmico.

"Quello..." balbettò il surfista, "quello non è la mia tavola."

"E questa," disse Ruggero estraendo da dietro un container una tavola da surf in carbonio nero lucido, "immagino non sia il vostro foil di backup."

Spithill a quel punto non ce la fece più. La sua risata esplose come una raffica di vento nei Quaranta Ruggenti, contagiando in pochi secondi tutto il team. Persino i tecnici giapponesi del team vicino, che non avevano capito una parola di italiano, iniziarono a ridere per simpatia.

"Beh," disse Ruggero cercando di mantenere un minimo di dignità mentre scambiava gli oggetti, "almeno ora sappiamo che i nostri foil hanno un ottimo profilo idrodinamico. Potrebbero funzionare benissimo come tavole da surf!"

"Non ci provare neanche a pensarci," lo ammonì Spithill asciugandosi le lacrime. "Ma sai che ti dico? Questa storia merita un brindisi. Stasera pizza e birra per tutti, offro io!"


 "Se permetti," intervenne il coach sorridendo, "direi che oggi la pizza la offre Ruggero. Mi sembra il minimo dopo averci fatto credere di voler fare surf con un pezzo da centomila dollari!"

La storia del "foil surfista" divenne rapidamente una leggenda nel circuito SailGP. Nei mesi successivi, ogni volta che il team italiano conquistava un podio, il tattico non mancava di suggerire a Ruggero di festeggiare facendo surf con i foil.

Ma la vera vittoria fu un'altra: da quel giorno, nel team italiano, ogni pezzo dell'imbarcazione venne meticolosamente etichettato. Con particolare attenzione alla dicitura "NON È UNA TAVOLA DA SURF" sui foil di ricambio.

E il surfista? Beh, divenne un habitué della base, sempre pronto a raccontare come il suo primo incontro con il team italiano gli avesse insegnato che no, non tutti i pezzi di carbonio nero lucido sono tavole da surf. Soprattutto se costano quanto una casa.

La prossima volta che vedrete l'F50 italiana volare sull'acqua a 50 nodi, ricordatevi che quei foil che la fanno volare... beh, potrebbero anche essere delle ottime tavole da surf. Ma per sicurezza, meglio chiedere prima a Ruggero.